Riccardo Bertoncelli e il rimodellamento del rock
di Redazione
21/05/2018 Musicando
Questa sera a Locorotondo per un dj set, l'altro ieri a Bari e ieri sera a Martina Franca alla Fondazione Paolo Grassi, Riccardo Bertoncelli è tornato con le sue lezioni di rock. Inseparabili, Rino Carrieri e Agostino Convertino. L’argomento: le etichette discografiche che hanno fatto la storia e le storie di quella che un tempo era la musica dei giovani e che oggi rappresenta un universo enormemente dilatato.
Una ricerca afferma che la musica pop degli ultimi trent’anni è diventata più triste. E in generale è ampiamente diffusa l’idea che il rock sia da tempo moribondo, sebbene sia un luogo comune così lontano nel tempo che è del 1974 un disco di Ray Manzarek intitolato The whole thing started with rock & roll now it's out of control. Cosa ne pensa Bertoncelli?
«Mah … Una deriva negli ultimi anni verso una musica d’ispirazione non rock né pop se non è vera è molto verosimile. Del resto, occorre intendersi su cosa sia il rock. E il rock come lo intendo io è in crisi da molto tempo. Direi da quando c’è stato il ricorso massiccio alle macchine elettroniche nella musica. Pop è un termine generico che può comprendere tutto, ma è indubbio che le canzoni, diciamo così, classicamente pop siano ormai una minoranza. Guardavo le classifiche e, a parte gli Artic Monkeys, non c’erano altri gruppi espressamente pop. Come interpretarlo, non lo so. Del resto ogni generazione ha un suo linguaggio musicale. E quello dell’ultima, evidentemente, non comprende in maniera ampia il pop e il rock».
Insomma, addio non solo alla concezione dei grandi gruppi pop e rock come i Beatles, i Rolling Stones, i Led Zeppelin, i Pink Floyd, ma anche a quella degli U2 o dei Coldplay.
«Quelli di una volta erano complessi ecumenici che parlavano a tanti se non a tutti. Oggi c’è una tale frammentazione di generi che ognuno ha, come dire, il suo santo protettore a cui rivolgersi. È come un big bang che si dilata sempre più e fa perdere contatto ai generi, lasciando in comune tra loro soprattutto abbastanza materia da innescare un continuo rimodellamento. I Coldplay, ad esempio, come gruppo pop e rock sono durati uno o due album per poi diventare altro. Sicuramente c’è un’epoca rock che è morta negli anni Novanta con il grunge e che oggi è stata sostituita da questo rimodellamento».
Forse proprio per questa tendenza che hai evidenziato oggi un Frank Zappa, per menzionare un personaggio da te tanto amato e su cui hai scritto parecchio, probabilmente sarebbe improponibile.
«Forse no: anche oggi esistono personaggi che, come lui, sono in grado di parlare musicalmente più lingue e tradurle in un percorso originale. Faccio fatica a fare degli esempi perché sicuramente non conosco la nuova scena musicale così in profondità come quella che ho amato da ragazzo. Però sono sicuro che esistono sempre, anche se non avranno più l’impatto di uno Zappa perché lui è arrivato per primo a mescolare l’alto con il basso, il colto con l’inclita. Oggi è un’epoca in cui, tutto sommato, siamo diventati sordi ai tuoni e ciechi davanti ai fulmini. Siamo come nauseati di fronte a tutto quello che accade perché è tanto, troppo. E l’effetto non è più sorprendente come quello di una volta».
Ma cosa ascolta di nuovo Bertoncelli e cosa suggerisce di ascoltare?
«Sinceramente faccio fatica. L’ultimo disco che ho ascoltato è stato di un artista che stimo, Ryley Walker. Lui è un bravo chitarrista che al suo esordio è stato impropriamente definito il nuovo John Fahey. In realtà non ha quella visione, quel senso apocalittico. E in quest’ultimo album ha provato a uscire da un certo neo folk in cui era stato collocato: ne sono stato sinceramente stupito e ho apprezzato il suo coraggio. Ci sono artisti che seguo sempre con piacere finché non si perdono: penso ai Decemberists, che con l’ultimo album sono finiti in un vicolo cieco. Il disco che mi è piaciuto di più ultimamente è stato quello di Ry Cooder: un signore con cinquant’anni di storia. L’ha realizzato con il figlio e forse è stata l’ispirazione che l’ha portato verso suoni nuovi. Il rovescio della medaglia è che ci sono nuovi gruppi che ascolto incuriosito dall’entusiasmo che suscitano, ma mi accorgo che in realtà non c’è niente di veramente nuovo. Spesso qualcuno s’innamora di certi artisti perché la nuova generazione scopre l’esistenza di certe cose. Io che conosco quello che c’è stato prima, vedo anche i limiti di queste apparenti novità».
Riccardo Bertoncelli con Rino Carrieri in una foto psichedelica di Marilena Lafornara.
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