Una conversazione telefonica con padre Paolo Lomartire, parroco di Cristo Re
di Pietro Andrea Annicelli
10/10/2023 Società
Padre Paolo Lomartire, massafrese, è da quattro anni il parroco di Cristo Re. È la parrocchia della mia famiglia d’origine dall’autunno del 1972. Ho dei bei ricordi lì degli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Qualche partita a pallone nel campetto con il completo del Cagliari, la squadra di Gigi Riva, ricevuto in premio al corso sperimentale d’inglese di Martino Sante Liuzzi. I giochi sui gradoni d'ingresso, lo schiaffo e la maglietta, con le figurine Panini dei calciatori. Il catechismo e l’Azione Cattolica con Maria Carmela Basile e Lina Chiarelli. I cori alla messa e nel festival per cantanti bambini organizzato da padre Eugenio, e il gruppo rock d'accompagnamento convinto a fine serata a suonare Figli delle stelle di Alan Sorrenti. La Comunione con padre Guido e la Cresima con lo stesso padre Eugenio.
Insomma, Cristo Re mi è cara. Ricordo con affetto e riconoscenza tutte le persone che ho menzionato. E altre di cui non so più i nomi.
Domenica sera, conclusa la processione di San Francesco, davanti agli assessori e ai fedeli convenuti mentre il sindaco Gianfranco Palmisano, accanto a lui sui gradoni della chiesa, qualche lieve movimento della testa ad annuire, l’osservava mansueto con i consueti pantaloni alle caviglie e i mocassini senza calzini, padre Paolo, prima di affidare l’azione amministrativa del primo cittadino alla protezione del santo patrono d’Italia (ben fatto: ne abbiamo bisogno), leggendo un foglio, si è slanciato in una rampogna ricorrendo nientemeno che a Papa Francesco. Precisamente, ai quattro peccati del giornalismo enunciati dal pontefice lo scorso agosto: la disinformazione, la calunnia, la diffamazione, la coprofilia. Cioè, a detta di Francesco, «l’amore per lo scandalo, per le sporcizie».
In realtà la Treccani spiega che la coprofilia è molto peggio. Però, con elasticità e in senso figurato, ci può anche stare l'accezione del papa. Quello che non sta né in Cielo né in Terra è ciò che il parroco di Cristo Re ha affermato dopo: «Quando, in questi giorni, ho letto gli pseudo articoli relativi al nostro parcheggio e alla tua persona, caro Gianfranco, ho pensato che questi peccati fossero tutti presenti». Ce l’aveva con me e Agostino Quero. Siamo stati gli unici, in un editoriale e in un articolo di cronaca, ad affrontare la questione dell’enigmatico cartello che campeggia nella piazza, per molti impropriamente un parcheggio, con scritto, in maniera involontariamente umoristica: transito consentito solo ai fini parrocchiali.
Invece che interpellare il mio avvocato, nello spirito di collaborazione di Papa Francesco che padre Paolo aveva ricordato («Oggi più che mai è necessaria una comunicazione costruttiva che favorisca la cultura dell’incontro e non dello scontro e del pregiudizio»), ieri pomeriggio ho telefonato al sacerdote per dire le mie ragioni e ascoltare le sue. Padre Paolo ha convenuto che il mio editoriale, credo anche l’articolo di Agostino, non è uno pseudo articolo, assolve al suo compito, non c’entra con i peccati del giornalismo.
Il parroco ha anche preso atto che non ci sono stati alcuna ostilità o sarcasmo verso Cristo Re, la comunità dei suoi fedeli o la Chiesa e la religione in generale. Semmai la critica, legittima, ha riguardato il Comune per la gestione impropria del territorio, e soprattutto il sindaco per la sua discutibile tendenza a interpretare le processioni, e in genere l’appartenenza religiosa nonché la concessione al clero di privilegi impropri (la proposta di riservare a sacerdoti posti auto del parcheggio di via Bellini, subito cassata dalla maggioranza consiliare), come atti di presenzialismo e di captatio benevolentiae funzionali, probabilmente, alla gestione della sua immagine per futuri scopi elettorali. Compito del primo cittadino è invece mostrare la giusta attenzione e dedicare il giusto tempo all’attività propriamente amministrativa, rappresentata nella fattispecie dalla problematica generale della piazza sottintesa da un cartello ridicolo che sta lì a rappresentare, per il Comune, il controllo carente che ha del territorio.
Ovviamente, ma chi segue Cronache Martinesi ed è di Martina lo sa, lungi da noi l’ombra dell’anticlericalismo. Ho ricordato a padre Paolo che nella città, storicamente, non c’è né c’è stata una contrapposizione tra la religione cattolica e la laicità, ma una naturale collaborazione e una spontanea compenetrazione nelle vicende della comunità cittadina. Ho anche fatto presente che politici autenticamente credenti come, massimo esempio, Alcide De Gasperi («Non è democristiano: crede in Dio» era la battuta che gli riservò Indro Montanelli), hanno rigorosamente difeso la qualità dell’attività politica svolta con la coscienza della fede e i criteri democratici della laicità. Questi criteri non sono stati rispettati quando, selezionando la classe politica che oggi governa Martina, si è ricorsi a sgambetti e sotterfugi che hanno estromesso subdolamente dalla competizione elettorale rappresentanti dei cittadini ben più validi degli attuali, facendo registrare un conseguente, anomalo astensionismo.
Ho infine concluso che Papa Francesco, per quella che è stata finora la sua azione pastorale, sarebbe probabilmente d’accordo con me nel ritenere che un compito fondamentale della Chiesa sia difendere i fedeli, soprattutto quelli più semplici e ingenui, dai tentativi di strumentalizzazione di politici che cercano di accreditarsi, più che per le loro capacità e le loro competenze, per l’ostentazione della credulità nel santo tale o talaltro, o per la spettacolarizzazione della devozione fasulla rispetto alla sobrietà di quella sincera.
Padre Paolo mi ha chiarito che c’è stato un fraintendimento a causa di pseudo articoli, quelli si, che, scritti da una persona che né io né Quero consideriamo rappresentare l’attività giornalistica, in passato hanno sollevato inutili polveroni ricaduti su Cristo Re. Il cartello, ma non avevo dubbi, non è opera della parrocchia, ma di coloro che hanno effettuato dei lavori nella piazza, della quale padre Paolo ha rivendicato la proprietà. La correttezza della mia critica al Comune e al sindaco ha quindi trovato, attraverso lui, la definitiva conferma.
Mi sono riservato di passare a trovarlo in parrocchia per conoscerlo di persona. Considero conclusa, nella reciproca correttezza, ogni necessità di chiarimento.
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Pietro Andrea Annicelli