Donato Pentassuglia: «La politica è cambiata, non io. Chiedo di completare il lavoro di questi anni»
di Pietro Andrea Annicelli
22/07/2020 Politica
Donato Pentassuglia termina la sua terza esperienza in Consiglio regionale senza aver fatto l’assessore né il deputato. Nell’ultimo anno di Nichi Vendola presidente gli fu affidata la fondamentale delega alla Sanità che invece Michele Emiliano ha tenuto per sé. Due anni fa Matteo Renzi, allora segretario di quel Partito Democratico che oggi costituisce il suo principale bersaglio di polemica politica, gli affidò la missione impossibile di candidarsi in Valle d’Itria per arginare la marea dei Cinque Stelle senza però fornirgli un paracadute al proporzionale. Sia con Emiliano che con Renzi, Penta ha pagato la sua sostanziale autonomia pur nella osservanza delle regole di partito. La quarta candidatura alle regionali, la terza con il Pd, forse la più difficile per la forte frammentazione del quadro politico, è solo affar suo.
Possiamo dirlo ufficialmente: Donato Pentassuglia si ricandida per la quarta volta al Consiglio regionale, per la terza con il Partito Democratico. Con quali prospettive?
«Si. Provo a completare una fase delicata e complessa per portare a compimento un notevole lavoro a favore della Valle d’Itria, della provincia ionica e per la Puglia. Spero che i cittadini l’abbiamo apprezzato perché l’ho fatto con dignità, passione, coerenza e tanti sacrifici, senza mai vendermi. Mi auguro di registrare e ricevere il consenso utile alla riconferma, nonostante i tanti candidati in campo».
Sei partito nel 2005 a sostegno di Nichi Vendola nella lista de la Primavera Pugliese. Poi sei passato al Pd e nell'ultimo anno della seconda Amministrazione Vendola hai ricevuto la delega più ambita e impegnativa: quella alla Sanità. Sono seguiti gli ultimi cinque anni da consigliere regionale con Michele Emiliano presidente, primo degli eletti in provincia di Taranto ma anche sconfitto nel 2017 alla Camera dall'ondata del M5s. Come è cambiata la politica e la maniera di farla in questi quindici anni? Che cosa chiede la gente?
«La politica è cambiata molto. Siamo alla rincorsa della pubblicità, dell'autocelebrazione, e non alla discussione sul merito e sui valori dell'azione da mettere in campo. Oggi di tutto, vero e falso, gira sui social. Tutto è velocizzato e amplificato in pochissimo tempo senza luoghi di confronto e di discussione. La gente ha perso fiducia e quindi non si appassiona, purtroppo, a costruire o a partecipare a percorsi democratici di ascolto, condivisione e programmazione. Servirebbe una sana critica e autocritica per valutare bene quello che ognuno fa o non fa per il bene comune. Siamo sempre più individualisti e poco propensi a partecipare ai processi decisionali. Si parla molto alla pancia e alle sensazioni e non alla testa, spiegando magari le difficoltà di un procedimento e per una decisione».
Nel 2022 scadrà il secondo mandato di Franco Ancona. Appare alquanto improbabile, anche in considerazione di passate dichiarazioni del sindaco, una sua ulteriore ricandidatura. Potrebbe toccare a te? A quali condizioni, eventualmente?
«Io sarò candidato alle prossime regionali perché credo e posso dimostrare di aver fatto tantissimo per la mia città e per tutto il territorio della provincia di Taranto. Ciò in un contesto condiviso e non slegato rispetto all’intera Regione. A volte sono stato più apprezzato e invitato fuori che tra la mura amiche, ma pazienza. Dopo le regionali, bisogna aprire un dibattito e una interlocuzione politica seria per preparare il dopo Ancona. Per adesso fatemi completare quanto fatto e prodotto con tanto lavoro e sacrificio. E comunque sarò a disposizione per un progetto che includa e non escluda le forze sane e il capitale umano della città, per completarne il rilancio e la centralità nella Valle d'Itria e nella Unione dei Comuni della stessa Valle».
Vendola ed Emiliano: che differenza di percorso amministrativo c'è tra loro?
«Abissale. Due modi diversi di fare e intendere la politica, oltre che di gestire i rapporti politici e umani sia fuori che nelle istituzioni».
A Emiliano è rimproverato, da ambienti del Centrosinistra, il riciclaggio di esponenti di centrodestra con il conseguente trasformismo nell'attività programmatica. Si tratta di una critica giusta? Dove finisce, in politica, la legittima possibilità di riposizionarsi e inizia il trasformismo?
«Emiliano ha lavorato da subito per allargare i confini della coalizione del Centro Sinistra. Purtroppo, non tutti hanno sposato o condiviso alcune sue posizioni o sposato il progetto pur riposizionandosi. Questo viene percepito come trasformismo o utilità del momento per chi lo fa. Molta convenienza e poca professionalità, con meritocrazia e voto democratico mortificati».
Sei favorevole o no a un eventuale accordo in extremis con i 5 Stelle replicando in Puglia la coalizione di governo nazionale?
«Penso che i 5 Stelle debbano pensare a un accordo politico per più motivi. L'alleanza di governo a Roma per salvare l’Italia in questo momento storico deve essere riprodotta in periferia per mettere in campo e in asse le diverse politiche. Un movimento, nonostante l'exploit delle politiche, non ha vita lunga se non si struttura e passa al governo della complessità: che non è la denuncia fine a sé stessa e il non piegarsi a lavorare nel rispetto delle norme. Quel movimento deve scegliere, in un Paese grande e complesso come il nostro, con chi portare avanti le sue idee, stante il fatto che non sono certo i 5 Stelle i depositari di qualche ricetta o verità assoluta e di buone pratiche, che vanno condivise e costruite con i cittadini attivi che partecipano alla vita pubblica, non solo a parole e sui social».
Per una certa fase del tuo percorso nel Pd sei stato vicino all'allora segretario Matteo Renzi, che portasti anche a Martina Franca. Sicuramente lui ebbe un ruolo nella tua candidatura alla Camera, avvenuta senza garanzie per spirito di servizio. Oggi Renzi, candidando Ivan Scalfarotto alla presidenza della Puglia, dopo i Cinque Stelle è il principale avversario di Emiliano in un'area politica genericamente di centrosinistra che a Roma, invece, è omogenea rispetto al governo nazionale. A tua volta, a Martina, avrai come avversario l'ex segretario del Pd Vincenzo Angelini che ha seguito Renzi in Italia Viva. Come commenti questa situazione paradossale?
«In quella fase congressuale ero con Renzi rispetto ad altri candidati, certo. Ad Angelini, come agli altri candidati, solo il mio in bocca al lupo. Quanto alle scelte di cambiare squadra, nonostante i ruoli avuti e il consenso riscosso in un partito, sono contrario. E ho dimostrato personalmente che, nonostante la guerra e quanto subito, ho solo rispettato con dignità il voto e la fiducia avuti nel Pd rimanendo al mio posto. Tutti possono candidarsi. Registriamo ancora una volta il limite della frantumazione e della mancanza d'un senso di squadra per una sana e forte filiera istituzionale. Peggio ancora vedere chi a Roma sta in coalizione con postazioni di Governo e in Puglia fa la guerra. Strano davvero, perché quando Renzi era segretario del Partito ha abdicato in Puglia facendo fare quel che voleva a Emiliano e buttando a mare persone ed esperienze, non candidandole ed esponendosi una alternativa con un proprio candidato alle Primarie. Troppo facile: ci fossero i partiti di una volta…».
Che effetto fa trovarsi un arci meridionale come Gianfranco Chiarelli, tuo avversario in politica con il quale però hai condiviso l'appartenenza all'area trasversale dei moderati, a capo della Lega in Puglia?
«Non conosco le sue ragioni e quelle che possono legare politicamente i meridionali alla Lega, fosse solo per quanto detto, fatto e scritto contro noi terroni e orgogliosi meridionali. Offese mai ritirate dalle loro parole d'ordine. Come sempre, resto rispettoso delle persone, e delle loro idee, anche quando non le condivido. Bisogna tornare al rispetto umano per rilanciare quello politico e istituzionale».
Quale idea di futuro senti di poter rappresentare con il tuo impegno in politica?
«Un futuro fatto di opere pubbliche e servizi per il benessere delle persone organizzando cantieri che portino lavoro. Un futuro che abbia una nuova classe dirigente che cresca in un sano patto generazionale che parli di merito e non alla pancia delle persone, sconfiggendo populismo e demagogia. Dobbiamo affrontare i problemi e vivere il presente proiettandoci nel futuro e ragionando per pianificare in una prospettiva di almeno trent’anni. La nuova frontiera è lo sviluppo verde e sostenibile. Sto lavorando per utilizzare al meglio il porto di Taranto e l'aeroporto di Grottaglie per la green economy. Già mi sto confrontando con il Politecnico e l’Università di Bari per portare nel nostro territorio innovazione e attrezzature utili a rilanciare la filiera del tessile. Faccio mia la nuova visione turistica e culturale della Valle d’Itria con la Unione dei Comuni che guarda alla nuova programmazione comunitaria 2021/2027. Sono fiducioso perché tanto c'è ancora da fare».
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Pietro Andrea Annicelli