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Direttore Pietro Andrea Annicelli

Ciao, Alfredo (Quaranta)

di Pietro Andrea Annicelli

11/10/2023 Cultura

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Ciao, Alfredo (Quaranta)

 

«Mi dispiace tantissimo perché abbiamo insegnato nello stesso corso. Con lui se ne va un pezzo di storia del Liceo scientifico. Alfredo è stato un ottimo docente, ricordato da tanti suoi allievi, e un grande artista. Un abbraccio solidale a sua moglie Marcella e ai suoi figli».

Antonio Scialpi, che di solito sa prima di me della scomparsa dei martinesi illustri e a cui immancabilmente telefono per avere informazioni, questa volta non lo sapeva: è spiazzato e sconvolto. Alfredo Quaranta, leggendario professore di Disegno e Storia dell’Arte nel corso C del Liceo scientifico Enrico Fermi, quello cosiddetto dei professori di sinistra, se n’è andato. Improvvisamente per chi, come me, non lo vedeva da tempo.  

Alfredo era uno di quegli insegnanti che coltivavano l’intelligenza degli allievi, ma con un rigore che non tutti capivano. Lui non se ne curava: «Mi ringrazieranno poi, quando saranno all’università e faranno Ingegneria e Architettura». Vero. Mio fratello Valerio, ingegnere, per anni ha raccontato del valore della preparazione ricevuta da Alfredo nel disegno tecnico.

Io, che non l’ho avuto come docente, l’ho conosciuto nella versione pubblica che forse prediligeva: l’artista. Lo incontravo nella sua galleria d’arte La luna di Glifada, prima in corso Vittorio Emanuele, poi in via Michele Perla. Glifada è la località balneare greca dove, negli anni Settanta, c’era l’abitazione della madre di Alekos Panagulis, l’eroe della resistenza greca alla dittatura dei colonnelli che Oriana Fallaci amò e raccontò, dopo la sua morte, nello straordinario romanzo verità Un uomo.

La resistenza, Alfredo, la fece la notte dell’Immacolata, tra il 7 e l’8 dicembre 1970, quando Junio Valerio Borghese tentò il colpo di stato con i neofascisti ed elementi mafiosi. Incuriosito dalla mia passione per i misteri d’Italia, una sera mi raccontò che lui aveva la responsabilità d’un certo numero di sezioni del Partito Comunista Italiano, mi sembra in Puglia e in Basilicata. Quella notte tutti gli iscritti presidiarono le sezioni, pronti a difendere la fragile democrazia italiana già colpita, un anno prima, dalla strage di piazza Fontana a Milano. E Alfredo, schiena dritta, era tra loro.

Sapeva essere un uomo divertente con la sua ironia pungente e talvolta autoironica. Ma anche complesso e combattuto. Ne recavano traccia, per chi sapeva vedere, le sue opere talvolta enigmatiche nell’astrazione, in qualche caso buie, ma non banali né, credo, pessimiste. Quando, un giorno, un altro Elio Greco deciderà di continuare la storia dell’arte dei martinesi, Alfredo avrà un posto d’onore per la sua curiosità, originalità e ricerca.

«L’artista riutilizza le casse degli spedizionieri, quelli che movimentano migliaia di tonnellate al giorno. I contenitori delle merci, con tutto il loro carico significativo di etichette, bolli, numeri e loghi diventano un tutt’uno con l’opera. Ma molto presente è la fotografia, usata come traccia intellettuale di un percorso complesso, in cui prevale comunque un’idea che va oltre l’opera, e si presenta come lavoro installativo e multimediale nel senso più ampio, non soltanto legato alla comunicazione video o digitale. Sono lavori importanti questi soprattutto per la complessità dei temi e per le scelte operate». È un’osservazione del critico Valerio Deho a una sua mostra del 2008, emblematica della sua capacità di relazionarsi con il materiale da rendere espressivo dei suoi sentimenti. Materiale che per altri continua a essere parte, nel suo aspetto funzionale, del flusso quotidiano degli eventi.

Dal Premio Sila consegnatogli nel 1973 dal poeta Raphael Alberti alle sculture per il Premio Umanesimo della Pietra per la Storia di fine anni Novanta, per poi spaziare in libertà, dopo il pensionamento nei primi anni Duemila, tra la versatilità artistica e gli affetti familiari, Alfredo Quaranta lascia dietro sé tanta umanità distribuita in chi gli ha voluto bene e in chi l’ha semplicemente conosciuto. Non era una persona che suscitava indifferenza. L’ignoto che ha voluto esprimere la sua frustrazione e di cui per lungo tempo l’Ateneo Bruni ha recato traccia è stato, forse suo malgrado, costretto dalla personalità di Alfredo a non essere banale. Ecco, quindi, che invece del nome del docente detestato accanto a qualche simbolo fallico o vergogna d'altro genere, costui si è dovuto sforzare di pensare a scrivere tre numeri, 40, 6, 1, seguiti dalla parolaccia identificativa che aveva in mente. Anche indirettamente, dileggiato in apparenza, Alfredo è stato capace d’insegnare.      

Il funerale di Alfredo Quaranta si terrà venerdì 13 ottobre nella Chiesa del Divino Amore.

 

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