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Michele Punzi: il Festival della Valle d'Itria verso il cinquantenario

di Pietro Andrea Annicelli

28/09/2023 Spettacoli

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Michele Punzi: il Festival della Valle d'Itria verso il cinquantenario

 

Elegante, affabile, modesto, l’avvocato Michele Punzi si è ritrovato a marzo a diventare presidente della Fondazione Paolo Grassi dopo la scomparsa, il 17 febbraio a ottantasette anni, dello zio Franco Punzi (con lui nella foto), uno dei tre personaggi indispensabili, insieme ad Alessandro Caroli (1927-2022) e a Paolo Grassi (1919-1921), per la realizzazione del Festival della Valle d’Itria.  

L’ultimo Festival è stato per te il primo da presidente. Quali sono state l'impressione, l'emozione, l'impegno, la prospettiva?

«È stato sicuramente un Festival diverso dai miei precedenti tredici, vissuti dietro le quinte. Ho avvertito forte la responsabilità del ruolo che il Consiglio di amministrazione della Fondazione Paolo Grassi ha voluto attribuirmi dopo la scomparsa del presidente Franco Punzi. Fin dal primo momento ho dichiarato che non ero chiamato a sostituire un personaggio che, per quello che aveva fatto per la cultura, non è sostituibile, quanto, piuttosto, a portare avanti un progetto che vive da cinquant’anni. Non posso nascondere che l’emozione è stata forte, soprattutto perché rappresentavo un gruppo di persone che erano chiamate a raccogliere una sfida complessa e a dimostrare di essere in grado di andare avanti anche senza la loro storica guida. Ero consapevole che c’era qualcuno che aspettava un passo falso: che il Festival, e in primo luogo io, non riuscisse a superare questo momento non facile da gestire. Credo, e i risultati lo dimostrano, che la sfida sia stata brillantemente superata: Franco Punzi ha saputo ben seminare in tutti questi anni. Coloro che collaborano alla realizzazione del Festival hanno mostrato senso di responsabilità e attaccamento a questo evento. L’affetto, la fiducia, il supporto che non mi hanno mai fatto mancare è stato commovente. Dall’entusiasmo e dalla coesione che si respirava in città dobbiamo partire per guardare al futuro con grande fiducia».

Franco Punzi è nella storia come colui che ha assicurato la continuità e consolidato il Festival della Valle d'Itria. Con te alla presidenza il Festival esce definitivamente dalla sua dimensione storica e per certi versi eroica, quindi anche di volontariato culturale a prescindere dalla gratuità del tuo incarico, per entrare in quella del know how proiettato in ambito internazionale. Le forze ci sono? La città e il territorio assicurano quel riscontro che è stato costruito nel circuito nazionale ed estero della lirica?

«Con Franco Punzi è andato via l’ultimo di quei personaggi eroici che hanno pensato, creato e portato avanti il Festiva della Valle d’Itria. A lui va riconosciuto il merito di aver traghettato questo evento in acque tranquille attraversando periodi burrascosi per renderlo un appuntamento culturale di richiamo internazionale. Finito un periodo per certi versi epico, caratterizzato dalla disponibilità di tanti protagonisti che hanno contribuito a creare la storia del Festival, oggi, per portare avanti un progetto così ambizioso, c’è bisogno di programmazione e di professionalità. Per questo, ogni anno, cerchiamo d’introdurre nella macchina organizzativa sempre più figure di riconosciuta capacità nell’ambito dello spettacolo e della lirica in particolare. Dobbiamo però stare attenti a non perdere quel legame forte che esiste tra il Festival e chi collabora all’organizzazione da tanti anni. Questo spirito di appartenenza, che ci porta ad autodefinirci la famiglia del Festival, viene poi trasmesso ad artisti, tecnici e maestranze che, arrivando a Martina Franca, trovano delle condizioni di lavoro uniche e particolarmente stimolanti. Chiaramente, per consentire al Festival di crescere, è necessario il sostegno, economico e morale, del territorio in cui viviamo. Posso dire che grandi passi avanti si stanno facendo in tal senso negli ultimi anni grazie anche a una grande sintonia con l’Amministrazione comunale. Durante questi primi mesi di presidenza ho avvertito forte l’attaccamento della città: non solo Martina Franca è la città del Festival, ma il Festival è di Martina Franca. Nominando me, poi, gli enti che compongono la Fondazione Paolo Grassi, cioè la Regione Puglia, i Comuni di Martina Franca e Cisternino nonché la Provincia di Taranto, hanno voluto dare un segno di continuità riconoscendo quanto di buono è stato fatto e mostrando fiducia verso un gruppo di lavoro affiatato».

Punzi e la sua squadra seppero guardare con lungimiranza alla formazione sia musicale, mi riferisco, ad esempio, all'Accademia Rodolfo Celletti, sia del pubblico. Vorrei una riflessione in proposito riferita al presente e al futuro.

«Uno dei segreti del successo e della longevità del Festival è stata proprio la formazione, cercando di farla al più alto livello qualitativo possibile. Le attività che la Fondazione Paolo Grassi organizza durante l’inverno sono indispensabili. Penso ai corsi formazione musicale, a cominciare da quelli per bambini dai quattro anni in su, alle masterclass con musicisti rinomati in ambito internazionale, all’Accademia di Belcanto Rodolfo Celletti, riconosciuta dal Ministero della Cultura “scuola di eccellenza nazionale operante nell’ambito dell’altissima formazione musicale”, fino agli incontri di formazione per il pubblico. Sono tutti percorsi che non solo devono essere portati avanti, ma sviluppati ancora maggiormente. Il mio desiderio, e l’obiettivo che mi prefiggo nel mio mandato, è che la sede della Fondazione, il magnifico ex convento di San Domenico, si apra sempre di più al territorio e a coloro che passano da Martina Franca, diventando la casa di tutti gli artisti e dei fruitori di arte che cercano un luogo dove assecondare le loro passioni, sviluppare e far crescere il loro talento e le loro capacità. Quello che fa la Fondazione, magistralmente diretta da Rino Carrieri, con le iniziative quotidiane e il patrimonio custodito nella bibliomediateca, è un unicum in tutto il Mezzogiorno. Noi dobbiamo far crescere ancora di più questa splendida realtà e ampliare le opportunità di fruizione». 

L'anno prossimo sarà quello del cinquantenario. Con quale spirito vi approssimate alla scadenza? È possibile qualche anticipazione?

«Ci aspetta sicuramente un’edizione particolare. Il cinquantesimo compleanno merita di essere festeggiato e celebrato adeguatamente, raccontando quella che è stata l’evoluzione di un progetto che, per la metà degli anni Settanta, era assolutamente rivoluzionario. In questa ricorrenza, accanto a un doveroso inchino verso quello che è stato, dobbiamo anche pensare e riflettere su quello che deve essere il futuro del Festival, ma anche lo sviluppo culturale del territorio. Sono convinto che il Festival, pur mantenendo salde le proprie radici nel percorso artistico che lo hanno reso celebre e differente da altre manifestazioni analoghe, non deve avere paura di rischiare e di addentrarsi in ambiti da noi inesplorati, puntando a una dimensione sempre più internazionale e di sperimentazione. L’unica strada dalla quale non dobbiamo mai allontanarci è la qualità dell’offerta culturale da presentare al nostro pubblico. Perciò ho chiesto al direttore artistico, Sebastian Schwarz, di progettare un Festival coraggioso, che provi a stupire gli spettatori e anche a creare discussione, perché un evento che non riesce a rinnovarsi e preferisce sopravvivere nella propria comfort zone è destinato a diventare poco interessante e a scomparire. La programmazione a cui stiamo lavorando, ideata da Schwarz con il nostro direttore musicale, Fabio Luisi, va in questa direzione. Già l’annuncio dei titoli delle tre produzioni operistiche, cioè Norma di Vincenzo Bellini, Aladino e la lampada magica di Nino Rota e Ariodante di Georg Friedrich Händel, ha suscitato grande interesse nel pubblico e nella stampa specializzata. Ma ci saranno anche altri appuntamenti di assoluto valore, tra i quali il ciclo In orbita, con eventi collaterali alla programmazione del Festival, che grande riscontro ha ottenuto la scorsa estate. Stiamo, infine, progettando un ciclo di appuntamenti che, per tutto il 2024, ci consentiranno di festeggiare per dodici mesi e in tutta la Puglia. Ci aspetta un periodo stimolante caratterizzato da grandi progetti, alcuni ancora top secret, e di sfide da affrontare con l’ottimismo e il coraggio che ci ha trasmesso Franco Punzi».

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