Annapaola Digiuseppe: dal lino delle fate alla melanargia
di Redazione
27/09/2023 I libri
«Vivo un po’ fuori dal mondo» dice Annapaola Digiuseppe. Quattro anni fa il suo esordio letterario, Il lino delle fate, ne rivelò il talento. Adesso è di prossima uscita il terzo romanzo, continuazione del primo: La melanargia. Potete vederne la copertina, in anteprima, a destra dell’immagine dell’autrice. Lo pubblicano le baresi Edizioni di Pagina, che fin dall’inizio hanno creduto in lei.
A che cosa si riferisce il titolo?
«La Melanargia arge è una delicata farfalla dalle ali bianche su cui la natura ha dipinto sottili motivi geometrici. Essa sorvola da maggio a giugno l’odorosa macchia mediterranea e la roccia affiorante delle Murge. Affida le sue uova a una pianta in particolare: il lino delle fate, botanicamente Stipa austroitalica. Questa graminacea si fa culla per le larve della farfalla, le dondola al vento tiepido nei mesi del sogno, quando librarsi nell’aria è ancora visione. Le nutre nei giorni incantati della mutazione. Le accoglie al loro risveglio con le sue cime argentate. Si adorna, infine, della loro bellezza quando le farfalle, divenute creature alate, prendono il loro posto fra la terra e il cielo».
Di che cosa parla il romanzo?
«È la continuazione del primo partendo cronologicamente dal 1808 e arrivando all’unità d’Italia. Questo ciclo di cinquantasei anni è suddiviso in otto capitoli: ciascuno narra otto anni. Riprendendo le vicende di Virgilia, la protagonista, La melanargia racconta la storia e le storie della Valle d’Itria di allora: non soltanto l’epopea risorgimentale e gli accadimenti del brigantaggio fino al 1864, ma le tradizioni, i lavori in campagna, i maestri paretari. In pratica, la costruzione di un paese. La realtà agricola delle masserie è lo scenario di riferimento per personaggi e fatti complessi. La melanargia è una metafora di questo mondo. Poiché depone le sue uova sul lino delle fate, se si estingue la pianta si estingue anche la farfalla».
Parliamo un po’ di te.
«Sono laureata in Lettere e per alcuni anni ho collaborato con le Cattedre di Letteratura del Rinascimento nonché di Storia economica e sociale del Medioevo presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Bari. Per molti anni ho lavorato con Raffaele Agrusta come web designer e ho tenuto dei corsi di aggiornamento per docenti degli istituti superiori affinché associassero le loro competenze all’utilizzo delle possibilità informatiche. Dal 1998 collaboro con Umanesimo della Pietra per curare le loro pubblicazioni e dal 2016 ho iniziato a lavorare alla scrittura, in particolare alla ricerca storica degli usi e dei costumi nel territorio della Murgia. Il lino delle fate, con prefazione di Davide Canfora, è stato il mio primo romanzo. Inizialmente Nico Blasi, con cui c’è un rapporto di grande stima e amicizia, non era molto convinto di questa mia aspirazione. Si è poi ricreduto e il mio secondo romanzo pubblicato lo scorso anno, Dai discordi bellissima armonia, ha una sua prefazione».
C’è qualche curiosità del tuo prossimo lavoro di cui vuoi parlare?
«Si: il numero otto. La scelta di organizzare la narrazione in otto capitoli, ciascuno dei quali racconta le vicende di altrettanti anni, è stata ispirata agli otto venti che soffiano sulla collina martinese. Tanto tempo fa Umanesimo della Pietra pubblicò una tavola con la rosa di quei venti disegnata da Piero Angelini. Gli ho chiesto di poterla riprodurre come illustrazione del romanzo e lui, invece, ne ha voluta realizzare una, completamente nuova, apposta per me».
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Pietro Andrea Annicelli