Gli uomini sessuali
di Pietro Andrea Annicelli
02/05/2021 Editoriale
La storia è nota. Alcuni studenti del liceo Tito Livio vogliono parlare nell’assemblea d’istituto di violenza e anche della storia di Malika, la giovane rifiutata dai genitori per aver detto, stando alle cronache nazionali, di voler amare un’altra ragazza (ma potrebbero esserci anche altre ragioni inerenti i loro rapporti). Il dirigente scolastico e alcuni docenti invitano a cambiare argomento: c’è il precedente, due anni fa, del tentativo di parlare di sensibilità omosessuale con un rappresentante dell’Arcigay in un’altra assemblea. Non avvenne perché il preside di allora, Giovangualberto Carducci, ritenne che i tempi fossero troppo ridotti per chiedere il consenso informato dei genitori degli allievi minorenni, rientrando l’argomento, l’educazione all’affettività, in quelli in cui, a suo avviso, la scuola non può sostituirsi alla famiglia. Altrettanto ha fatto Giuseppe Semeraro, direttore didattico del Tito Livio dall’inizio dell’anno scolastico, di fronte alla nuova richiesta. Quattro studenti protestano su Instagram e da lì l’accaduto finisce sui media.
Sulla graticola, naturalmente, ci finisce il preside Semeraro, accusato di oscurantismo. Non è difficile immaginare, considerando certe abitudini del colore locale, che a suo tempo qualche genitore importante, affezionato all’idea che i bambini li porti la cicogna, abbia fatto pressioni sulla scuola per silenziare argomenti che pregiudicano la costruzione d’una realtà a proprio uso e consumo da imporre alla prole, ed eventualmente al mondo. Due anni fa dovevano però essere i genitori stessi attraverso i loro rappresentanti, insieme al preside Carducci, a decidere che le fantasie private tali devono restare quando pregiudicano la libera espressione fissata dalla Costituzione. E i ragazzi avrebbero fatto bene a prevedere nell’assemblea, come pare che avesse chiesto Carducci, non tanto un contraddittorio quanto un confronto di opinioni: la scuola deve offrire possibilità plurali di arricchire le coscienze, non scimmiottare trasmissioni di trash televisivo spacciate per informazione dove tutto finisce in caciara.
Si perse un’occasione. Oggi ne sono state pagate le conseguenze. Gli stessi ragazzi che hanno reiterato sono risultati, come minimo, poco accorti. Se l’obiettivo era costruire una coscienza civile sull’argomento, andava cercata una mediazione preventiva coinvolgendo, eventualmente, i docenti più sensibili e d’idee aperte per creare un’area di consenso. Un finale lasciato a uno scontato moralismo velleitario e consolatorio non serve a nessuno.
L’idea che a scuola non si possa parlare di argomenti sensibili senza dover chiedere il permesso ai genitori degli allievi minorenni, prima che un burocratismo utile solo alle autorità scolastiche per evitare formalmente rogne dai genitori fondamentalisti, è una contraddizione formativa. Pure gli allievi minorenni meno perspicaci avranno visto Cado dalle nubi di Checco Zalone: ha fatto di più contro i pregiudizi verso gli omosessuali il geniale comico barese in quel film di tanta retorica ideologica. Perché certe questioni sono dentro le discussioni di ogni giorno. E i genitori e la scuola, se davvero ci tengono ai loro figli e studenti, devono cercare di contribuire a fare chiarezza sui termini del discorso per far crescere opinioni non necessariamente convergenti, bensì ponderate, plurali e rispettose delle legittime ragioni altrui.
In fin dei conti, la profonda verità è che «gli uomini sessuali sono gente tali e quali come noi, noi normali»: lo canta il troglodita Zalone combattendo a modo suo, anche con sé stesso, per andare oltre il radicamento atavico del pregiudizio. C’è però, come in tutte le battaglie civili, un limite: la necessità di chiarezza tra i diritti e le pretese. Chi l’ha detto che non esista anche una discriminazione di certi omosessuali verso chi non lo è? È normale imporre, e poco importa se ce lo dice l’Europa, assurdità logiche come genitore 1 e genitore 2 sui documenti? Non è autoritarismo questo? E non suona un po’ nazista andare all’estero e pagare una poveretta per farsi fecondare e mettere al mondo un figlio di cui non sarà madre dopo la nascita? Sono esempi di ragionamenti complessi, dolorosi, che non riguardano il diritto, sacrosanto, di amare ed essere amati potendo manifestare liberamente i propri sentimenti, ma l’antropologia del nostro tempo e la necessità di trovare un equilibrio tra il fondamentalismo di quelli che vogliono credere alla cicogna e di quegli altri che vogliono imporre genitore 1 e genitore 2.
Un modesto suggerimento ai ragazzi del Tito Livio: chiedere l’assemblea d’istituto, anche all’inizio del prossimo anno scolastico se adesso fosse fuori tempo massimo, per riflettere sul discorso della presidente della Commissione europea, Ursula von del Leyen, in merito alla discriminazione da lei subita, in quanto donna, dal presidente turco Erdogan durante un incontro ufficiale. Significherebbe approfondire le questioni della violenza da diversi punti di vista: inclusa, naturalmente, quella agli omosessuali e alle lesbiche. «Dobbiamo ancora sottolineare il fatto che in tutta Europa le persone devono avere uguali diritti e pari opportunità: indipendentemente da chi amano, da dove vengono. Indipendentemente da quanti anni hanno o dalla fede che detengono» ha detto, tra l’altro, la von der Leyen. È una delle frontiere, tra le più importanti, della generazione che oggi frequenta le suole secondarie di secondo grado.
P.s. Sarebbe una buona cosa prevedere, nell’affrontare argomenti sensibili come quello in discussione, il supporto d’uno psicologo. Il parere tecnico e scientifico d’uno specialista può servire a non essere lasciati in balìa delle contraddizioni burocratiche d’un regolamento scolastico il cui fine ultimo, in questa vicenda, è stato eludere e nascondere piuttosto che favorire la formazione.
P.s. 2. Se e quando mi capiterà di trovarmi di fronte un modulo con scritto genitore 1 e genitore 2, per dovere civile cancellerò le due dizioni per scrivere padre e madre. Invito tutti coloro che dovessero trovarsi nella stessa situazione a fare altrettanto. Io non discrimino le famiglie arcobaleno. Loro non discriminino me.
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Pietro Andrea Annicelli