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Giuseppe Goffredo: diario e riflessioni sulla pandemia

di Pietro Andrea Annicelli

18/01/2021 Cultura

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Giuseppe Goffredo: diario e riflessioni sulla pandemia

 

«Il coronavirus arriva all’apice d’una crisi di civiltà e ambientale. La brusca “sospensione” determinata dal contagio, ponendo la distanza dal ritmo imposto, potrebbe donare un tempo prezioso per ritrovare una propria vita interiore. Essere consapevole del proprio presente e riconquistare la misura del proprio vivere». Così scrive Giuseppe Goffredo nel suo ultimo libro Soli con il mondo, Poiesis Editrice.

Sono pensieri al termine della prima ondata della pandemia, quand’era possibile riflettere oltre le cifre e le statistiche. Oggi, nel pieno della seconda e nel timore della terza, Goffredo riprende a ragionare. «Al terrorismo si è opposto lo stile di vita dell’Occidente: contro il virus lo si sospende perché insostenibile. Il Covid ci fa rinunciare allo stile di vita occidentale mentre c’è il sospetto che a causarlo sia stato proprio il sistema portato al limite della sopportabilità. Perciò la contraddizione, il paradosso, il turbamento, sono schizzati al massimo».

Il libro agile, centotrenta pagine, mescola l’analisi saggistica, la cronaca del diario, le verità sensibili della vita quotidiana. Esercita quel pensiero laterale proprio del valore poetico. Goffredo lo ha dedicato a Maria Semeraro («a Colei che per prima pronunciò in me il nome: poeta»), sua insegnante di scuola media superiore a Martina Franca, scomparsa anni fa. Ebbe il merito di accorgersi del fragile talento del suo allievo, figlio di contadini di Alberobello, e di proteggerlo.

«Qualcosa si è spezzato rispetto alla scorsa primavera» prosegue la riflessione. «La narrazione dell’Occidente è basata sull’azione. Competizione, realizzazione, successo, forza, velocità, scontro, espansione, guerra, conquista. È difficile accettare un copione in cui tutti a casa, fermi, in attesa. È questa contraddizione che genera contrazione. Quello che eravamo abituati a fare, pensare, desiderare, non si può più. Anzi, non si deve».

È il virus che agisce da spartiacque della storia. «Il sistema ha sempre predicato volontà e azione: ora predica confinamento e sospensione. Le anomalie che hanno generato il virus bloccano il funzionamento del sistema, o per lo meno ne hanno fatto emergere le distorsioni mettendone a nudo la fragilità. Sarebbe profondamente sbagliato suggerire l’idea che esso non è riformabile, che non vi è alternativa per cui, passata l’emergenza, o si torna come prima o si cade nel caos».

La via d’uscita possibile, per Goffredo, è riprendersi il senso della propria umanità smarrita. «Siamo alla fine del mondo ed è una delle tante che ci sono state. Accadde nella mia infanzia tra la stagione contadina e l’industrializzazione. Lo scenario che ne verrà dipenderà dalla nostra capacità di aver sviluppato e messo in moto le energie positive, come dice Papa Bergoglio. Uscire dalla crisi: mi chiedo se ne siamo capaci. È, per me, un punto interrogativo».   

Occorre riconoscere le ragioni degli altri. «Nel libro parlo molto di chi è l’altro: io sono la riva di chi arriva. Le ideologie politiche regressive non mettono al loro centro la questione del chi sono, che cosa voglio, quale visione ho del mondo, quale società sto costruendo. Ma se rifiuto chi fugge dalla fame, dalla desertificazione, dalle guerre, tutto il male può di nuovo irrompere. Lo ha raccontato Primo Levi: che cos’è un uomo in un campo di concentramento? Come può l’Europa pagare   affinché altri facciano un campo di concentramento come Moira a Lesbo, un’isola la cui civiltà risale al VI secolo avanti Cristo? Che cos’è l’Europa verso il Mediterraneo? E il Sud del mondo?».

Goffredo conclude: «Noi, come penisola italiana, siamo il riflesso d’una memoria storica millenaria che ha mescolato molte civiltà. Dal neolitico ci siamo fatti riva, non muro o confine. La nostra umanità è nell’accogliere: là dobbiamo ritrovarci. Il Covid ci ha rimesso di fronte a una scelta. Trovare una via d’uscita significa anche rintracciare il filo d’una narrazione che possa sostenere, autosostenere, la nostra fragilità, la paura della catastrofe, l’idea d’una resilienza».

 

(Pubblicato dal Corriere del Mezzogiorno il 17 gennaio 2021). Nella foto: Giuseppe Goffredo ritratto da Cosmo Laera.

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